Agenpress – Alle 2:30 del 3 novembre 1957, venne lanciato dal Cosmodromo di Bajkonur il razzo Sputnik 1 con a bordo Laika. Secondo la versione sovietica ufficiale, il satellite inviò segnali di vita per circa sette ore. Il satellite rientrò in atmosfera cinque mesi più tardi, il 14 aprile 1958, dopo aver compiuto 2.570 giri intorno alla Terra. Durante il rientro andò completamente distrutto.

Per la missione fu scelta una cagnolina di tre anni passata alla storia col nome di Laika. Prima del lancio, Laika fu sottoposta a un addestramento durissimo, che suscitò accese proteste da parte degli animalisti. Il vero nome della cagnolina, un incrocio tra Husky e Terrier, era Kudrjavka. Non apparteneva a nessuno, era un randagio trovato per le strade di Mosca. In ambito anglosassone, viene talvolta identificata con “Muttnik” (da “mutt”, cioè “bastardino”, e dal nome della capsula Sputnik). La sua breve storia di cosmonauta è legata a quella di altri due cani, Albina e Muschka.

L’impiego delle altre due cagnoline nasceva da un’esigenza precisa: all’epoca l’Unione sovietica non aveva alcuna esperienza nell’inviare esseri viventi nello spazio. Occorreva dunque raccogliere dati sui modi con cui il corpo si comportasse per lunghi periodi in situazioni di assenza di gravità, verificando le possibilità di sopravvivenza. Albina fu la prima a sperimentare un volo suborbitale e, in caso di necessità, sarebbe stata utilizzata come sostituta di Laika, mentre Mushka fu selezionata per testare i sistemi vitali della capsula.

“Le chiesi di perdonarci, e ho pianto mentre l’accarezzavo per l’ultima volta”, racconta la novantenne biologa russa Adilya Kotovskaya.

Il 3 novembre 1957 l’animale partì, con il corpo tappezzato di elettrodi che dovevano servire a monitorare le funzioni fisiologiche. Durante il lancio il cuore del cane cominciò a battere all’impazzata, poi ridivenne quasi normale.

Laika era un bastardino di circa 3 anni, 6 kg di peso. “Scegliemmo una femmina”, spiega la Kotovskaya, “perché per urinare non aveva bisogno di alzare una zampa e questo permetteva di risparmiare spazio”

La cabina dello Sputnik 2 aveva aria, era stata progettata per permettere alla cagnolina di sdraiarsi e dormire, mangiare un “budino” di carne e acqua, aveva anche strumenti che permettevano di controllare i parametri vitali, come pressione del sangue, battito del cuore e ritmo del respiro, ma all’epoca non c’era la tecnologia per riportare a Terra un essere vivente.

Secondo la versione ufficiale, data all’epoca dal governo sovietico, Laika sopravvisse per alcuni giorni; ma nel 2002 Dimitri Malashenkov, dell’Istituto per problemi biologici di Mosca, disse che la cagnolina morì a circa sette ore dal lancio e studi recenti dimostrerebbero che Laika morì addirittura 20 minuti dopo il lancio per problemi dovuti a un guasto ai sistemi dello Sputnik 2.

Laika, nonostante il durissimo training a cui era stata sottoposta nelle settimane precedenti al lancio, non resistette a quel viaggio.

Fede fine terribile: il sistema di controllo della temperatura interna al satellite smise di funzionare e ben presto la temperatura arrivò ai 40 gradi. La rivelazione sul suo destino fu raccontata a Houston solo nel 2002, durante il Congresso spaziale mondiale

Oggi Laika è uno dei simboli delle prime imprese spaziali, tanto che l’istituto aerospaziale di Mosca ha aggiunto il suo nome all’elenco dei cosmonauti morti in missione. Alla cagnolina nel 2005 è stata dedicata anche un’area di Marte, vicina alla quale stava lavorando la sonda americana Opportunity.

 

 

 

 

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